Manlio Sgalambro. L’empietà del greco siculo

Pierfranco Bruni, a cura di Marilena Cavallo, prefazione di Paola Passarelli, premessa di Tonino Filomena, con i contributi di Micol Bruni – Alessio Cantarella – Mimma Cucinotta – Maria Grazia Destratis – Silvia Gambadoro – Annarita Miglietta – Stefania Romito – Rosaria Scialpi – Luca Siniscalco, Pellegrini, Cosenza, (ottobre) 2024

Sgalambro apre un intaglio nel concetto di eternità finita. Perché finisce tutto? Perché è un fatto naturale? O perché è così deciso dal destino. Il dilemma tra filosofia e destino è il tragico del pensiero che muore nel deciso.
I suoi libri sono il rovescio ma anche il dritto, per dirla proprio con Camus. A cosa affidarsi? Non credo di trovare risposte. Se si apre una porta non si saprà mai cosa ci aspetterà. La filosofia di Sgalambro essendo non sistematica presenta una lettura comparata come si evince dai contributi che seguono.
Il saggio di Pierfranco Bruni è un lavoro che ha una sua ricerca a sé come si nota.
La ricchezza di tutto il lavoro ha una visione chiaramente innovativa che avvia una dialettica sia su Sgalambro che su una filosofia che intreccia aspetti sia epistemologi-fenomenologi che metafisici.
— dall’Introduzione di Marilena Cavallaro

Illustrare in maniera esauriente in poche righe la ricchezza e la densità di quest’opera sarebbe ancorché un atto che potrebbe sciupare il plaisir du texte del lettore – un’impresa improba, a meno di non accontentarsi di una riduzione piatta e inerte di pagine, al contrario, irrequiete e penetranti.
Nel suo libro Bruni introduce il lettore in un’esperienza quasi iniziatica e sapienziale nel pensiero di Sgalambro; un’esperienza che sembra fondarsi sull’applicazione ricorsiva della visione sulle cose del pensatore di Lentini applicato alla sua stessa produzione. Ne scaturisce un dialogo interiore in cui l’Autore arriva a tratti a confondersi – come per sacro enthousiasmos – a Sgalambro.
— dalla Prefazione di Paola Passarelli